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Greta e il daimon, di Marina Andruccioli

"Fabio era rimasto sulla porta, e mi guardava, aspettando. Mi accorsi di lui quando sentii il suo profumo. Le farfalle che si alzarono in volo nella mia pancia stavano cercando il fiore, la fonte di quel profumo. Ancora una volta, il mondo è scomparso. Via i colori, via i suoni, via i mobili del mio ufficio, solo i suoi occhi. E il mio amore. E’ stato un colloquio senza parole, quel pomeriggio. Si, non ci siamo parlati, ma ci siamo detti tutto. Io mi sono alzata e lui si è avvicinato. Ci siamo seduti sul divano azzurro del mio ufficio, perché ho voluto arredarlo come un salotto, volevo che si respirasse aria di casa, non di lavoro. Non so dire quanto tempo sia passato, istanti o minuti. Siamo rimasti in quel limbo di tempo guardandoci negli occhi, godendo della nostra vicinanza, del calore che senti appena quando sei vicino ad un’altra persona, occhi negli occhi per accarezzarci l’anima, ma soprattutto assaporando in pieno quello che stava per succedere. L’attimo potenziale stavamo vivendo, che è ricco di tutte le promesse e meraviglie del mondo. E’ l’istante in cui tutto è sospeso, l’istante meraviglioso di nulla assoluto. Come quell’attimo che precede l’orgasmo, è infinitamente più bello e appagante dell’orgasmo stesso, dove tutto è compiuto e già vissuto. Le carezze, i baci, l’energia che cresce e ti pervade, ti travolge poi. Ma c’è un istante, uno solo, in cui tutto si ferma, tutto tace: è quello l’unico momento in cui l’anima si manifesta, si rivela, e puoi sentirla, sapere com’è fatta. L’istante prima del piacere supremo. Il tempo tra me e Fabio, quel pomeriggio, è diventato un nostro spazio tra le nostre vite, una realtà parallela, solo nostra. Ero conscia che lui era in attesa, io dovevo prendere in mano la situazione, guidarlo nel mio mondo, quel mondo che volevo fargli conoscere, così ci siamo incamminati insieme nell’esplorazione del nostro nirvana, del nostro sentire senza spazio ne tempo, perché fuori da quelle pareti c’era la realtà e il nostro amore li fuori non esisteva, non aveva corpo e spazio, non aveva un’identità. Un solo dito. Permisi al mio amore di avvicinarlo piano e delicatamente. Con l’indice accarezzai il suo polso, per salire lungo l’avambraccio e l’incavo del gomito dove la pelle è sensibile, scesi sul pollice, il palmo non aveva più segreti, accarezzai assaporando ogni spazio tra le dita della sua mano, per poi intrecciare le nostre mani. Occhi negli occhi, mentre la passione aumentava come i cumulonembi estivi all’albore di un temporale che spezza la quiete del nostro aspettarci. E’ possibile fare l’amore anche solo con un polpastrello, se l’anima spinta dal vento della passione si accoccola sulla pelle. Fare l’amore con il corpo è bello, si, ma fare l’amore con l’anima è consapevolmente completo. Quando due anime gemelle si riconoscono e lo accettano, e fanno l’amore con consapevolezza di ciò, è una meravigliosa altra cosa. C’è solo l’energia sessuale se si usa il corpo, coinvolgimento emotivo se c’è amore tra le due persone, ma se in più a destarsi è l’anima, l’amore diventa sublime. E’ totale, perfetto: consapevole di muovere energie elevate e appassionante. Quel pomeriggio abbiamo fatto l’amore, io e Fabio. E io, io che ero conscia e consapevole più di lui del luogo dove lo volevo portare, l’ho preso per mano e l’ho condotto in quel mondo sensuale che volevo esplorasse e conoscesse con me. Poco prima dell’orgasmo, ci siamo fermati. Ci siamo guardati negli occhi, io l’ho preso per mano, ho intrecciato le mie dita alle sue e l’ho condotto dove una femmina deve portare il suo uomo. Perché quella vetta di consapevolezza l’uomo la può raggiungere solo tramite l’amore e l’abbandono totale della sua donna al suo piacere. E questa esperienza, lascia il segno. Come scrisse una delle mie poetesse preferite, Alda Merini “E’ necessario che una donna lasci un segno di sé, della propria anima ad un uomo, perché a far l’amore…siam brave tutte”. Si, perché nel vero amore è l’anima che abbraccia il corpo. Ed è quello che ho fatto io quel pomeriggio. Credo fermamente che un’altra parte non è altro che una persona che ha un pezzettino della tua anima in se, ma quel pezzettino di anima è la tua, si, ma non ti conosce ancora, perché ha sempre vissuto con lui. Toccandola in questo modo, quando ti ha già riconosciuta, la gioia di essere di nuovo a casa si fonde con la tua e la sua, di anima, creando un legame indissolubile, una lega preziosa. Unica. Questa, è la magia delle altre parti. Incontrarne una, è un regalo prezioso. Ci vuole una buona dose di coraggio perché spesso ogni anima è già intrecciata alla vita di qualcun altro, ma si deve entrare in contatto con lei, per fondersi con quella persona perché è, ripeto, un dono prezioso per tutti e due. E’ un’esperienza che va vissuta ad ogni costo". Da Greta e il Daimon di Marina Andruccioli

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