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La mia recensione di "PER DIECI MINUTI" di Chiara Gamberale

Chiara è una giovane donna che incontra il grande amore, quell’uomo che poi diventerà suo marito tra i banchi di scuola delle superiori. Come può accadere dopo un tratto di percorso comune le loro strade si dividono, perché lui decide di prendersi una pausa. E come spesso succede, quando salta una delle pedine che compongono la tua vita, come in un nuovo girone dantesco anche le altre le seguono: Chiara perde il lavoro, deve cambiare casa, si ritrova sola senza il rassicurante tran tran che condivideva con il marito. E quando tutto cambia all’improvviso, Chiara va in tilt e la depressione è in agguato. Si affida ad una psicologa che le da un consiglio illuminato usando il metodo che il terapeuta Rudolf Steiner usava con i suoi pazienti: ogni giorno, per 10 minuti (e non uno di più) fare una cosa nuova, mai fatta prima. Un gioco, si, per distrarsi anche, ma soprattutto, come scoprirà Chiara, un modo per vincere la paura, dribblare la solitudine, far entrare un raggio di sole, giocare con il destino e capovolgere un periodo duro della vita a nostro favore e, non ultimo, spendere 10 minuti al giorno per noi stessi. Non devono essere per forza cose eclatanti come scalare l’Everest o scrivere perfettamente l’aramaico antico, no, non è questo il senso del gioco, non si deve dimostrare niente a nessuno, nemmeno a noi stessi. Lo scopo del gioco sta nel far entrare nell’apatia di tutti i giorni un rifolo di aria nuova, ed ogni giorno, per un mese, questo piccolo (grande) esercizio porta Chiara a scoprire lati del suo carattere che non conosceva, persone e amicizie nuove, le insegna ad osservare le cose da punti di vista differenti. E il suo sentire cambia. Questo libro mi ha colpito inizialmente per il titolo (per dieci minuti cosa? Mi sono chiesta) ma poi la storia mi ha affascinato a tal punto che (nonostante io non sia in cura per depressione!!) anche io ho voluto provare e osservare con curiosità gli effetti di questo gioco sulla mia vita di tutti i giorni. Non ho copiato quello che la protagonista del libro fa (provare a fare i pancake, dipingersi le unghie di colori sgargianti o camminare all’indietro tra le altre cose) e dato che il fine del gioco è quello di uscire dai propri schemi mentali, ho voluto prendere l’idea ma non tutte le regole annesse, come il vincolo dei 10 minuti o l’obbligo temporale di eseguire questo gioco per un mese. E così ad esempio mi sono lanciata in un corso di difesa personale (io che se posso la zanzara non la faccio secca ma la esorto gentilmente a trovarsi un’altra casa in cui mietere vittime), ho accettato di tenere due lezioni di giardinaggio davanti ad un gruppo di una ottantina di simpatici vecchietti (io che rischio la sincope a parlare in pubblico, e per pubblico intendo più di tre persone che mi ascoltano contemporaneamente), ho barattato la ricetta della vera piadina romagnola con la vera ricetta di un piatto dal nome impronunciabile con un ragazzo straniero dall’aspetto “un po’ losco” che se ne stava seduto a farsi i fatti suoi su una panchina in centro e che dopo aver attaccato bottone si è rivelato simpaticissimo e molto gentile (io che ho ereditato da mia madre la riservatezza teutonica) e via di questo passo, con altre cose bizzarre che fatico a condividere! E proprio come nel libro, mi sono ritrovata a far parte di un gioco, certo, un uso guidato della fantasia, si, è stato un modo per imparare qualcosina in più su me stessa, un modo per archiviare certe finte certezze, un modo per mettersi alla prova, anche. Ma soprattutto, ed è per questo motivo che invito anche voi a giocare un po’ con la vostra vita di ogni giorno, è un modo per arricchirla e vedrete che con uno strano effetto domino verrà aggiunta ogni giorno di calore umano, di nuova consapevolezza, di quelle piccole grandi cose che ci fanno tanto bene al cuore e ci strappano un sorriso. Depressi o no, provare per credere.

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